A vederla bene, tutta la questione mediorientale è assai semplice. Naturalmente, non parlo della sua soluzione, che richiederà decenni e forse secoli ancora di lotte fratricide, accordi e stabilizzazione; parlo della sua definizione.
Da poco più di 80 anni, infatti, tutte le guerre, le tragedie umanitarie, sociali, tutte le spietate prese di posizione politiche, autocratiche, dittatoriali, tutti i fanatismi religiosi, tutte le aspirazioni e le frustrazioni che gravano su quel “dannato” lembo di terra ruotano intorno a un’unica domanda.
Israele, come nazione autodeterminata da un popolo entro i confini territoriali di uno stato ha diritto di esistere o no?
Ci sono solo due risposte possibili a questa domanda.
Io sono tra i sì convinti per le ragioni che vi dirò dopo. Questo fa di me un sionista (sono stato chiamato in modi peggiori nella mia vita, diciamo).
C’è chi però a questa domanda risponde no arruolandosi pervicacemente e orgogliosamente tra le schiere degli antisionisti.
Ora, si può anche pensare che queste due risposte abbiano la stessa valenza etica e morale, che tutto sommato siano equivalenti in termini di conseguenze pratiche per la vita di coloro cui si riferiscono e che siano differenti solo su un piano politico-ideologico. Insomma, qualcosa di cui discutere al bar davanti a uno spritz.
Nemmeno per sogno.
Il sionismo punta(va) all’autodeterminazione del popolo ebraico e alla creazione di un loro stato laddove storicamente il popolo ebraico è sempre appartenuto: alla regione mediorientale che poi in seguito alla diaspora diventerà la Palestina.
A proposito, chiedersi se in quelle zone si siano insediati prima gli ebrei o i palestinesi è un po’ come chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina. Se l’uovo rappresenta i palestinesi, allora la gallina.
Il movimento sionista subisce una fortissima accelerazione all’indomani della tragedia della Shoah, portando l’ONU a creare in quel lembo di terra, che fino a poco tempo prima era un protettorato britannico, due stati di cui uno a maggioranza ebraica che, dal giorno dopo la sua nascita, si trovò in guerra contro i suoi vicini arabi.
Ma la storia la conosciamo tutti, anche quelli che fan finta di no, anche quelli che vorrebbero riscriverla a loro piacimento. Il punto è che la posizione sionista ha una sua dignità non solo perché l’autodeterminazione di un popolo è un diritto sacrosanto che troppo spesso nella storia è stato calpestato o come “giusto risarcimento” per l’olocausto. Essere sionista ha una sua dignità perché non esserlo significa essere antisemiti.
Il popolo ebraico esiste da più di 2500 anni. Il Sionismo da poco più di un secolo. Israele da poco più di 80 anni.
Ha vissuto senza uno stato per quasi due millenni e mezzo, pertanto un sincero antisionista come minimo dovrebbe chiedersi dove sistemare i milioni di ebrei che sarebbero costretti a lasciare la terra di Sion.
Anche questa domanda, nei secoli, ha avuto molte risposte. Nessuna buona.
Oggi tendiamo a ridurre l’antisemitismo ai criminali e disumani forni hitleriani. È una balla che raccontiamo soprattutto a noi stessi noi europei per pulirci la coscienza, quando in realtà siamo così culturalmente intrisi di antisemitismo da non riconoscerlo praticamente più.
Antisemiti, noi europei, infatti, lo siamo sempre stati, soprattutto nell’Europa cristiana dove abbiamo fatto portare agli Ebrei per 2000 anni lo stigma degli assassini del figlio del nostro Dio. Quando Mario Monicelli fa recitare quella battuta fulminante ad Alberto Sordi ne “Il Marchese del Grillo”
Aronne Piperno, tu sei giudio e i tuoi antenati falegnami giudei hanno costruito la croce con la quale è stato ucciso nostro signore Gesù Cristo; posso esse’ ancora un po’ incazzato per questo?
beh, non era una battuta: era la normale condizione di un ebreo a Roma fino alla Seconda Guerra Mondiale. E poi è peggiorata quando son stati deportati col rastrellamento del ghetto.
A proposito, sia mai ve lo chiedeste, a Roma non lo abbiamo chiamato ghetto perché fa figo andarci la sera a mangiare i carciofi alla giudia, ma perché ci chiudevamo dentro gli ebrei con tanto di coprifuoco notturno. Chi lo violava, non tornava a casa. O ci tornava, come si suol dire, coi piedi davanti.
Lo stesso accadeva praticamente in ogni maggiore città d’Europa.
Ancora, la “leggenda” dell’ebreo avido col naso adunco non nasce di certo nella Germania nazista o nell’Italia delle leggi razziali. Per capire la pervasività di questa nomea, basta andarsi a leggere Shakespeare che cercando di creare un personaggio che diventasse l’icona senza tempo dell’avidità crudele, non pensò a soggetto migliore di Shylock, usuraio di origine ebraica che, pur di veder onorato il suo credito nei confronti di Antonio, arriva a chiedere davanti al doge una libbra di carne dal di lui corpo. Una richiesta disumana cui Shylock rinuncerà solo dopo esser stato pubblicamente umiliato dal doge, raggirato dal suo debitore e buggerato dalla giustizia.
Non esattamente un ritratto edificante, eh?
Quindi, è ora di gettare la maschera. Chi è antisionista vuole il ritorno a tutto questo, vuole il ritorno ai ghetti, alla diffidenza, alla coperta calda dell’ennesima razza negra su cui sfogare i propri istinti e le proprie frustrazioni.
All’inizio dell’articolo ho detto che c’erano solo due modi di rispondere alla domanda sul diritto a esistere di Israele. In realtà ce n’è un terzo: quello di chi sì, Israele ha il diritto di esistere, ma comunque mi dichiaro antisionista perché è uno Stato liberticida, imperialista, al soldo statunitense e che affama il popolo palestinese.
Costoro, che di solito si identificano in “sinistra” a vario titolo, snaturano, per negligenza, convenienza ideologica o ignoranza, il significato storico e politico di sionismo, non pensando che le critiche ai governi democratici sono sempre ammesse e che, casomai a loro sfuggisse, l’attuale governo del corrotto criminale Netanyahu è costretto a fronteggiare proteste in strada ogni giorno in tutte le maggiori città israeliane in richiesta di un accordo con Hamas per riportare gli ostaggi a casa.
Trovo solo singolare come per anni abbiano stressato sul concetto di “cittadino” e ripudiato, giustamente, l’espressione “popolo”, come a identificare un blob indefinito dove l’individuo viene completamente fagocitato da una massa informe senza volontà e che bovinamente segue le paturnie dell’uomo forte, mentre la gente d’Israele per loro è sempre e solo questo, appunto, un “popolo”. Nella loro accezione di popolo.