La Crisi Costituzionale Americana: Verso una Monarchia Elettiva di Fatto?

Negli Stati Uniti del secondo mandato di Donald Trump, segnali sempre più chiari indicano un progressivo sgretolamento del sistema di check and balances che garantisce l’equilibrio tra i poteri dello Stato e costituisce la malta di ogni costruzione democratica. Il quadro costituzionale, pensato per prevenire derive autoritarie, mostra oggi crepe profonde di fronte alla prassi di un potere esecutivo che agisce sempre più al di sopra delle regole e delle istituzioni.Uno degli episodi più emblematici – e inquietanti – è il rifiuto del Presidente in carica, Donald J. Trump, di ottemperare a una sentenza della Corte Suprema riguardante la non marginale questione dell’illegittimità di arresti e detenzioni.

Questo gesto, apparentemente isolato, rappresenta una violazione, o meglio un attacco frontale al principio di legalità e la negazione del ruolo del potere giudiziario come garante ultimo della Costituzione. In una democrazia liberale, nessuno – nemmeno il Capo dello Stato – può porsi al di sopra della legge.

Ma cosa accade se ciò avviene?Negli Stati Uniti, l’esecuzione delle decisioni giudiziarie spetta agli U.S. Marshals o ad altre agenzie federali, che tuttavia ricadono sotto l’autorità dell’esecutivo. Se l’esecutivo si rifiuta di cooperare o nega il supporto necessario le sentenze restano lettera morta. Si crea così una situazione paradossale: il potere giudiziario emette una decisione in ossequio e – soprattutto- a tutela della legge e della costituzione, ma il potere esecutivo, che dovrebbe farla rispettare, si rifiuta di farlo. Di fatto è uno stravolgimento dello Stato di diritto.

A rendere il quadro ancora più drammatico è il sostegno, o quantomeno la complicità passiva, del Congresso. Quando il potere legislativo rinuncia al suo ruolo di controllo sull’esecutivo, si crea un vero e proprio vuoto costituzionale. Invece di avviare un procedimento di impeachment per violazione del giuramento presidenziale, una maggioranza parlamentare allineata al Presidente può scegliere di sostenere la disobbedienza istituzionale, normalizzandola. Questi episodi non sono isolati, ma si inseriscono in un quadro più ampio di trasformazione del sistema politico americano, facendo emergere una preoccupante crisi dei pesi e contrappesi. Alcuni sintomi della deriva possono essere facilmente schematizzati

1. Retorica plebiscitaria: Il Presidente si presenta come l’unico vero rappresentante del popolo, delegittimando Parlamento, magistratura e stampa come strumenti delle “élite corrotte”.

2. Controllo degli apparati: Le nomine a posizioni chiave avvengono sempre più sulla base della fedeltà personale e non della competenza istituzionale.

3. Attacchi sistematici alla magistratura: La Corte Suprema e i giudici federali vengono accusati di politicizzazione ogni volta che emettono decisioni sgradite, preparando l’opinione pubblica al rifiuto della loro autorità.

4. Uso selettivo della legge: Indagini, processi e potere coercitivo vengono utilizzati come strumenti politici per colpire oppositori e intimidire funzionari non allineati.

5. Minacce alla transizione democratica: La narrazione dell’“elezione rubata” è ormai parte stabile del discorso politico presidenziale, mettendo in dubbio la legittimità del sistema elettorale.

Oltre al progressivo svuotamento del sistema istituzionale, la deriva autoritaria si manifesta anche con attacchi sistematici ai diritti fondamentali e alla libertà d’informazione. Alcuni esempi recenti sono emblematici:Censura indiretta e rappresaglie contro giornalisti: giornali e media critici sono stati oggetto di boicottaggi, revoche di accreditamenti e pressioni giudiziarie; alcuni giornalisti d’inchiesta sono stati esclusi da conferenze stampa o sottoposti a sorveglianza. Limitazioni al diritto di manifestare: in diversi Stati sono state introdotte leggi che criminalizzano le proteste, aumentando pene e riducendo le garanzie procedurali per i manifestanti. Sorveglianza e schedatura dei dissidenti: sono emerse denunce sull’uso di strumenti di sorveglianza digitale per tracciare oppositori e attivisti, anche con pretesti legati alla sicurezza nazionale. Repressione dell’opposizione politica: candidati e funzionari pubblici di opposizione sono stati oggetto di indagini selettive e pressioni istituzionali, con l’evidente scopo di indebolirli o silenziarli. Il modello che emerge è quello di un “populismo autoritario”, che formalmente conserva la parvenza strutture democratiche – elezioni, partiti, Parlamento – ma che nei fatti realizza una monarchia elettiva di tipo bonapartista: un potere personale che si legittima attraverso il voto ma agisce senza limiti sostanziali e ciò senza nemmeno l’alibi che poteva eccepire Napoleone. In questo scenario, la Costituzione non viene abolita, ma svuotata dall’interno. Il rischio non è più solo teorico, ma concreto: la democrazia americana potrebbe trasformarsi in un regime autoritario di nuova generazione, senza bisogno di golpe, ma con la lenta corrosione dei vincoli costituzionali e del rispetto delle regole fondanti uno Stato di diritto. La crisi costituzionale americana non è solo un problema interno: riguarda l’equilibrio globale, la fiducia nelle democrazie liberali e l’idea stessa che lo Stato di diritto sia un baluardo inviolabile. Quando il Presidente può ignorare le sentenze della Corte Suprema, minacciare i diritti civili e, nonostante questo, ricevere il sostegno del Congresso, la separazione dei poteri e la tutela dei diritti dei cittadini non sono più un principio, ma un’illusione.