Lo ammetto, invoco la censura.
La reclamo, la bramo, la anelo.
Bello il free speech, bella la tesi che stabilire chi debba decidere quali notizie passare, quali voci far parlare è difficile e pericoloso, bello l’idealismo per cui il concetto stesso di scegliere cosa è giusto passi come informazione e cosa no è illiberale.
Tutto bello ma adesso basta.
Tralasciamo i mass media tradizionali, ai cui editori e direttori spetterebbe il compito di fare dal filtro tra ciò che merita e ciò che non, tra ciò che è vero e ciò che è falso e tra opinion e propaganda, compito cui hanno abdicato da anni preferendo vendere, quando va bene, spazi pubblicitari e quando va male appartenenza. Non compri Il Fatto o La Verità perché ti aspetti di trovarci la realtà, ma quello che vuoi credere sia tale.
Voglio parlare dei social.
Le recenti elezioni in Romania sono la prova generale di un attacco propagandistico alle prossime elezioni tedesche dove la Russia di Putin si infiltrerà massicciamente per influenzare il voto in direzione di formazioni filo russe o, almeno, anti europee.
Sono almeno vent’anni che la Russia prima, e la Cina poi lavorano sui social attraverso bot, troll e indicizzazione delle notizie. Su Instagram e Tik Tok se ti soffermi qualche istante in più su di un contenuto complottista, finirai in un loop infinito di contenuti che ti verranno proposti ossessivamente per destabilizzare la tua fiducia nella democrazia liberale occidentale, nella verità delle certezze scientifiche, nell’attendibilità dell’informazione ufficiale: “non ce lo dicono” – “abbiamo cominciato noi” – “noi siamo, alla fine, anche peggio” – “c’è chi ci guadagna” e via discorrendo; contenuti e argomenti parziali, travisati, pretestuosi o del tutto falsi.
Quanto ai social di discussione, come Facebook e Twitter/X, abbiamo visto in Italia quanto sia facile orientare il consenso, con l’esperimento sociale di Casaleggio, nato e cresciuto sui social con contenuti come quelli descritti sopra, con la Bestia di Salvini e Morisi poi, a maggior ragione ora che X è di proprietà di un imprenditore che si è gettato nell’agone politico al fianco dell’uomo più potente del mondo, le cui idee e i cui argomenti sembrano ispirati dalla stessa logica dei servizi di propaganda russi.
I social sono diventati, da vent’anni, l’agone dove si combatte una guerra ibrida, ma pur sempre una vera e propria guerra, contro le democrazie occidentali.
Sarebbe ora di rendersene conto e comportarsi di conseguenza.
Come combattere questa guerra senza tradire i valori occidentali?
Non lo so, ma tra non molto potrebbero non esserci più valori da difendere