Stasera ho fatto una chiacchierata con un promotore finanziario. È una conoscenza ormai da decenni e le rare volte che parliamo, ci dilunghiamo sempre in temi di finanza e di economia.
Naturalmente, proprio oggi la discussione non poteva che andare a finire lì: alle elezioni americane di domani.
Viene fuori che dagli outlook di tutte le maggiori banche d’investimento americane risulterebbe preferibile una chiara vittoria di Trump.
Insomma, piuttosto che l’incertezza, portata anche dalla vittoria di Harris, meglio piuttosto. Almeno a 6-8 mesi.
D’altra parte, riassumono i report finanziari, gli USA (grazie a Biden) si avviano a una crescita che per il 2025 è prevista negli immediati intorni del 3% con il sistema in (quasi) piena occupazione e mentre una presidenza Trump darebbe impulso alle PMI americane tramite una politica di dazi da ‘America First’, così come al settore farmaceutico togliendo il cap ai prezzi dei farmaci e smontando l’Obamacare, allo stesso modo, le proposte di Harris di aumento delle tasse agli alti e altissimi redditi (> 400.000$/anno) lasciano i professionisti della finanza molto preoccupati. Per lo più per i portafogli dei loro clienti. Poco importano considerazioni di equità sociale e di sviluppo sostenibile di un’economia a lungo termine, il faro è ciò che succederà domani.
E, vedete, da un punto di vista finanziario il ragionamento lo capisco pure: si vive per vedere un altro giorno e d’altro canto, previsioni che vadano al di là dei 6 mesi ormai hanno la robustezza statistica della preveggenza di Madame Futuro e la sua palla di cristallo. A Roma diremmo “Beato chi c’ha ‘n occhio”.
Però, parliamone.
L’ultima cosa che puoi aspettarti come outcome di una politica di dazi è che i paesi oggetto degli stessi non rispondano con altrettanta cortesia. E la prima cosa che puoi aspettarti se i prezzi dei farmaci arrivano alle stelle è che il potere di acquisto della classe media vada a farsi benedire o direttamente o per aumenti indotti, visto che il sistema sanitario americano è del tutto privato ed esercitato sotto forma di copertura assicurativa, sicché è lecito aspettarsi, a fronte di aumento dei prezzi dei farmaci o del congelamento delle risorse pubbliche a supporto dei meno abbienti, aumenti corrispondenti delle polizze.
E se (quando) queste cose accadranno che succederà? Succederà che gli stessi report piangeranno per la bilancia commerciale che è andata a carte e quarantotto o per il CPI che è sky-rocketed mandando il potere d’acquisto 6 underground. Ah, la fiducia dei consumatori!
A quel punto la luna di miele con Trump (si dice sempre così), finirà e si ricomincerà con il successivo giro di giostra con il prossimo.
Io esco pazzo.
Non perché abbia dei particolari dubbi sulle ragioni degli investitori, ma perché mi pare che in Occidente abbiamo abdicato a guardare al di là della criticità estemporanea preoccupandoci solamente di curare ogni volta l’ennesimo bubbone comparso su un corpo martoriato. In altre parole, non si trova più nessun “medico” che alzi la testa dalla flogosi, faccia due passi indietro, guardi l’intero paziente e si preoccupi di determinare se quella che ha di fronte è peste bubbonica o varicella.
Perfino a un incompetente in materia dovrebbe essere chiaro che nel medio-lungo termine un’eventuale presidenza Trump sarebbe una disgrazia ANCHE dal punto di vista economico, perché è il trend che cavalca ad esserlo: il ritorno alla regionalizzazione, contrapposta alla globalizzazione che ci ha sostenuto nei 30 anni appena passati, se non oggi, domani comporterà un rimpicciolimento di quella stessa torta che da 3 decenni non ha fatto altro che crescere, arrivando a letteralmente sfamare quasi 2 miliardi di persone in più.
E se la torta si rimpicciolisce, a chi toccheranno, in proporzione, fette sempre più striminzite?
Esatto.
D’altra parte, la finanza sempre di più gioca un campionato diverso rispetto all’economia: dai derivati di derivati alla sbornia delle crypto, sono in numero sempre maggiore le forme di investimento che hanno perso il loro legame con gli andamenti delle grandezze economiche fondamentali. E forse proprio qui si spiega l’interesse di Trump per questi ultimi: poter vantare “negli ambienti giusti” (quelle stesse banche d’investimento) grandissimi ritorni senza doversi preoccupare dell’economia reale.
Almeno fino alla prossima crisi dei prossimi subprime, e allora sì che finalmente negli ambienti giusti si riapriranno gli occhi. Per poi ricominciare daccapo.