E alla fine ci siamo arrivati. Il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva lo stop all’immatricolazione di auto a combustione interna entro il 2035. Tutto bene: ambiente salvo, città meno puzzolenti e strade meno rumorose. Ecco, no. O meglio, boh, dipende. Da cosa? Capiamo.
Partiamo dal sunny side: i motori elettrici sono indubbiamente superiori a quelli termici, per vari motivi. Sono innanzitutto più efficienti perché non disperdono energia in calore. Un motore a benzina di nuova generazione ha una resa di circa il 40%; ovvero, di 100KWh prodotti dallo stesso, solo 40 vengono utilizzati per spostare il veicolo, il resto si disperde in calore. A un diesel non va molto meglio, si arriva a sfiorare la soglia del 50% grazie per lo più a temperature di combustione minori e alla maggiore coppia, il che vuol dire che un diesel, a parità di potenza, fatica meno a spostare la massa di un veicolo rispetto a un motore a benzina e lo fa producendo meno calore.
Un tipico motore elettrico, invece, ha un’efficienza che sfiora il 90%; possiamo quindi dire che per muovere un veicolo usa all’incirca la metà dell’energia usata da un motore termico. L’efficienza interna, poi, è aiutata anche dalle tecnologie di frenata rigenerativa. Pensatele così: laddove un motore termico acceso consuma sempre più o meno carburante, a seconda della richiesta del guidatore e delle condizioni di guida, un elettrico, in decelerazione è in grado di recuperare energia e immagazzinarla di nuovo nelle batterie per poi renderla di nuovo disponibile quando si torna ad accelerare.
Sì, esatto, è come se, decelerando, il vostro serbatoio si riempisse di carburante invece di continuare a svuotarsi. Sarebbe bello, no? Ecco, con l’elettrico è possibile.
Veicoli più efficienti, più puliti, almeno per quel che riguarda il loro mero utilizzo, più confortevoli, insomma, una benedizione divina. Per i nostri nasi e le nostre orecchie, sicuramente, ma per l’ambiente? Luci e ombre. Vediamole.
Ragioniamo un attimo per assurdo e supponiamo di sostituire tutti i veicoli termici circolanti con altrettanti veicoli elettrici e che l’aumento della domanda di energia richiesta per il loro utilizzo sia soddisfatta solamente da fonti fossili.
Una tipica centrale a ciclo combinato, ormai le più diffuse e sicuramente quelle tecnologicamente più avanzate, ha un rendimento con punte del 65%. Il che vuol dire che se nel sistema si immette gas per un potenziale di produzione di 100KWh, l’output effettivo sarà di 65KWh.
Considerando la sola efficienza, un bello scarto rispetto al 40% di un motore a combustione, con un ovvio vantaggio in termini di emissioni che aumenta se si considera che produrre energia in centrale ci risparmia anche da tutte quelle dovute alla raffinazione del petrolio per produrre benzina e diesel e dall’intrinseca maggiore quantità di agenti inquinanti di questi due combustibili rispetto al gas usato in centrale.
Naturalmente, nella realtà, nel computo delle emissioni entrano in gioco in positivo anche le fonti rinnovabili che in EU contano per quasi il 40% della produzione di energia e il nucleare che aggiunge un ulteriore 25% al mix green.
Se a questa considerazione aggiungiamo quanto detto sopra, ovvero che per muovere un’auto elettrica si impiega molta meno energia rispetto a una con motore termico, si capisce come il bilancio della decisione viri davvero sul positivo.
Ma c’è un ma. Il movimento è solo il penultimo passaggio della “messa in moto” di un veicolo. Dietro ad esso c’è tutta la fase costruttiva e, davanti, quella di smaltimento delle batterie.
Lasciamo un attimo da parte l’ultima fase. Le auto elettriche e ibride ormai sono entrate nella vita di tutti i giorni e quindi è possibile fare un raffronto sull’effettiva “pulizia di esercizio” lungo tutta la loro carriera. Qui qualche numero interessante per l’Italia: Emissioni CO2 auto elettriche, confronto con benzina, metano e ibride.
Insomma, l’articolo lo dice chiaramente: fatti 75.000km, il gap di emissioni tra un veicolo a benzina e uno elettrico è molto minore di quello che sarebbe lecito aspettarsi.
E soprattutto, ci sono paesi in cui il gap si allarga di molto (paesi virtuosi come quelli del nord Europa) e altri in cui, per quei chilometri percorsi, addirittura il gap sarebbe negativo (come in Cina): Inquinamento: meglio auto elettrica o a benzina? – Green.it
Il nodo gordiano sta, di nuovo, nel mix di fonti di produzione di energia elettrica: laddove nel Nord Europa nucleare e rinnovabili la fanno da padroni, consentendo livelli di emissione CO2 molto bassi per KWh prodotto, in Cina è ancora il carbone (la fonte a emissioni maggiori in assoluto) la più utilizzata.
Quindi, affinché il piano europeo sia efficace, è su quel mix e, soprattutto!, sulla sua armonizzazione a livello continentale che si deve intervenire ancor prima che sulla tecnologia di spinta dei veicoli.
Questo anche considerando gli attuali modelli di vendita, incentrati molto su finanziamenti con valore futuro garantito, che implicano un ricambio dei mezzi molto superiore rispetto a quello di qualche decennio fa. Insomma: a quei 75.000 km con la loro vettura elettrica in molti non ci arriveranno mai e per contro (come riportato nel secondo articolo) questa nascerebbe con un peso di emissioni sul groppone ben superiore a quello di un’auto a motore termico.
C’è poi quella storia dello smaltimento delle batterie (e relativo riciclo) che aggiunge altre emissioni e inquinamento.
Infine, di primaria importanza è il tema infrastrutturale e come questo si sposa con i punti di forza dell’elettrico. In Europa alla fine del 2022 giravano più di 200M di veicoli. Di questi, solo il 2% (ca. 4M) è a tecnologia a emissioni zero. Auto elettriche – In Europa occidentale sono solo il 2% del parco circolante
Su questi numeri, prima di sostituire l’intero parco auto europeo, dobbiamo chiederci se non solo dal punto di vista economico, ma anche logistico siamo in grado di assorbire l’operazione senza traumi.
Un conto stupido: una colonnina di ricarica occupa al suolo una superficie compresa (a seconda dei modelli) tra gli 0,1 e i 2mq. In Italia circolano 42 milioni di veicoli concentrati per lo più nelle grandi città dove in pochi hanno a disposizione un box elettrificato. Ammettiamo che, nella migliore delle ipotesi, si debba ricaricare le auto una sola volta a settimana e che la distribuzione delle ricariche sia costante (non è così, si concentrerebbe a ridosso dei weekend, ma sorvoliamo).
Significa che ogni giorno dovrei garantire la ricarica su strada a 6 milioni di veicoli meno la quota di coloro che hanno un box privato (diciamo, boh, il 10%?). Fanno 5,4M di stazioni di ricarica concentrate nelle strade cittadine (centri storici compresi).
Una sostituzione di questa magnitudine implica un ripensamento totale anche della conformazione delle nostre città sicuramente non attrezzate per la gestione di un’esigenza così capillare. C’è chi in proposito ha pensato di sfruttare i lampioni, ma sarebbero comunque molto pochi rispetto alla domanda: pensate solo che, ad esempio, tutti quelli installati in strade statali o autostrade o in strade cittadine a scorrimento veloce o comunque al di fuori o ai margini dei conglomerati urbani sarebbero inutilizzabili allo scopo. Ancora una volta, quindi, prima di pensare alla tecnologia di spinta dei veicoli è chiaro che vada ripensata in toto la mobilità cittadina ivi compreso il modello di trasporto pubblico (a Roma ne sappiamo qualcosa).
In definitiva, e tralasciando altre considerazioni di natura politica, ideologica et similia: è corretta la decisione del Parlamento Europeo dal punto di vista meramente gestionale e tecnico?
Ah, saperlo! Come detto, sono tantissime le variabili da considerare e sicuramente una tale decisione andava presa in un contesto di globale ripensamento delle abitudini di vita dei cittadini. Si abbia almeno il coraggio di dirlo chiaramente: da un punto di vista di sostenibilità ambientale, economico e, forse, geopolitico, la mobilità privata sarà sempre più da considerarsi un lusso. Prendiamone atto e operiamo affinché questa (ennesima, sigh!) transizione sia gestita nella maniera più fluida e meno problematica possibile, avendo sempre come faro le esigenze della società.
Ecco, avrei preferito che il Parlamento Europeo avesse ragionato su questo cambio di paradigma con un ampio respiro e una completezza d’intenti che andasse magari ben oltre il 2035 e i veicoli a combustibile interno, piuttosto che lasciare mezza industria europea e tantissimi cittadini letteralmente in mezzo a una strada.
[…] essere con questo spirito che il Parlamento Europeo, qualche giorno fa (ne ho parlato qui), ha preso una decisione sull’ormai famigerato stop ai veicoli ICE (Internal Combustion […]