È deprimente vedere i leaders di partito italiani cercare di far passare la rielezione di Sergio Mattarella come una vittoria della politica quando, al contrario, rappresenta la certificazione del fallimento della stessa.
Il secondo mandato dell’attuale Presidente della Repubblica si è rivelata, infatti, l’unica soluzione possibile per un Parlamento che aveva il solo obiettivo di allungare la scadenza della legislatura alla sua fine naturale e per il più banale dei motivi, l’interesse economico.
Nulla doveva cambiare ai vertici delle istituzioni per garantire la sopravvivenza del governo in carica e non rischiare le elezioni anticipate.
Fin dall’inizio delle consultazioni tra i grandi elettori è stato chiaro che la partita vera si giocava sul governo che avrebbe portato alla fine la legislatura, con le centinaia di peones di tutti i partiti, Fratelli d’Italia escluso, sicuri della non rielezione.
Un anno di legislatura in più vuol dire, ovviamente, un anno di emolumenti e, per i parlamentari più in vista, più tempo per negoziare una buona uscita in qualche fondazione bancaria o consiglio di amministrazione.
Tutto comprensibile, ovviamente, e persino tollerabile per chi, come noi, non avrebbe titolo né coraggio di scagliare la prima pietra dell’onestà e del perbenismo, ma quello che veramente sconforta è stata l’incapacità del Parlamento di trovare un’alternativa, ovvero un accordo sul governo erede di quello Draghi, con o senza Draghi, per garantire la naturale scadenza della legislatura, e rattrista ancora di più che per evitare le elezioni antipate si è dato corso, per la seconda volta consecutiva, ad una forzatura della prassi costituzionale che, fino alla rielezione di Napolitano, non aveva mai preso in considerazione l’ipotesi della rielezione.
Al contrario, veti incrociati, candidati improponibili, assenza di controllo sui rispettivi gruppi, sfiducia reciproca ed opportunismo hanno impedito l’elezione dell’unico candidato serio al Quirinale che, per assurdo, non è mai stato veramente in campo.
L’ennesima occasiona sprecata per l’Italia e la certificazione del fallimento della politica.
Francesco De Benedetti