L’ultima coda delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti d’America si sta concludendo ed anche i più strenui sostenitori di Trump stanno ormai gettando la spugna.
Finisce così uno spettacolo che da lontano è sembrato decisamente barocco o bizantino o, come direbbero proprio gli americani, tanto sbrigativi e concreti, levantino.
Ma come funziona in realtà il sistema di voto in USA?
Cominciamo col dire che quasi tutte le elezioni americane si fondano sul sistema maggioritario: chi prende un voto in più vince tutto e l’avversario torna a casa a mani vuote. Non c’è diritto di tribuna, non c’è spazio per contrattare.
Il sistema maggioritario ha i suoi pregi, la vittoria è certa, chi ha vinto comanda, non esistono quelle estenuanti trattative tipiche del sistema proporzionale dove nessuno perde mai e con un pugno di voti si può fare l’ago della bilancia di un governo. Di contro, le minoranze rischiano di finire scarsamente o per nulla rappresentate.
Più giusto, più equo, più politically correct il secondo, più pragmatico e chiaro il primo
In particolare, il sistema elettorale delle presidenziali USA è indiretto, ovvero gli elettori non eleggono direttamente il presidente bensì, per ogni collegio, un rappresentante, un cd. Grande elettore il quale, alla formale convention elettorale voterà per il Presidente.
Oggi questo sistema è puramente formale poiché ogni grande elettore è già, per così dire, targato, e, pur senza un formale vincolo di mandato, si sa già per chi voterà. Non va dimenticato, tuttavia, che il sistema trae la sua logica dal fatto che la costituzione americana, fatta salva la Magna Charta inglese, è la più vecchia del mondo risalendo al 1787 (le prime elezioni presidenziali si tennero l’anno successivo) e alla sua nascita i più fortunati viaggiavano in carrozza, gli altri a piedi, sicché il metodo elettorale più democratico parve quello di nominare un notabile per ogni collegio il quale si incaricasse di rappresentare il proprio elettorato e scegliere effettivamente un Presidente. Se ci si pensa, è una specie di conclave laico dove i cardinali sono eletti dal popolo anziché essere nominati dal Papa.
L’elezione dei Grandi elettori in ogni singolo collegio porta con sé un inconveniente tipico delle elezioni parlamentari, dove in virtù della non omogenea distribuzione dei voti nei singoli collegi, può accadere che la maggioranza di questi ultimi vada a chi non ha preso anche la maggioranza dei voti; si capisce bene che vincere in un collegio col 99% ti dà diritto ad un seggio quanto aver vinto con il 50,1%.
Lo stesso non dovrebbe avvenire, e non avverrebbe, se l’elezione dell’unico candidato alla Presidenza avvenisse con un collegio unico; diversamente, la divisione in collegi tipica del sistema americano ha comportato che, solo per rimanere alle ultime tornate, Hillary Clinton perdesse contro Trump nonostante 3 milioni di voti popolari in più e Trump abbia rischiato di vincere su Biden nonostante 4 o 5 milioni di voti popolari in meno.
Oltretutto, tale sistema concede un’importanza sovrastimata ad alcuni piccoli Stati, cd swinging ovvero traballanti tra democratici e repubblicani in grado di assegnare i voti decisivi.
Ad ogni modo, a parte il fatto che la costituzione degli Stati Uniti è difficilmente emendabile, agli americani questo sistema piace e preferiscono la certezza di avere un capo purchessia a quella di avere il capo migliore e più rappresentativo
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