Devo fare una confessione. Quando mi trovo a scrivere di immigrazione e delle situazioni di sofferenza, cattiveria, menefreghismo che porta con sé, la mente si blocca. Tante le cose da dire, tante le sfaccettature da considerare, che semplicemente tutte queste si accavallano nei pensieri. E i pensieri non sfornano parole.
Per evitare che ciò accada (anche) stavolta, mi limito alle cronache di questi giorni: i tanto vituperati Decreti Sicurezza che l’ex ministro degli Interni Matteo Salvini ha architettato, promosso e contribuito a portare allo status di legge non esistono più.
Giubilo nel PD, che dalla loro redazione ne chiede la cancellazione e che riesce a portare proprio oggi a casa un risultato giudicato storico grazie alle ultime performance elettorali, mentre nel M5S, partito complice di Salvini nella conversione di quei decreti in legge, tutto tace.
A guardare le reazioni della politica, quindi, sembrerebbe veramente che quello scempio giuridico e umanitario sia acqua passata. Non è così, i Decreti Sicurezza sono ancora lì a far brutta mostra dei danni che il populismo straccione e il nazionalismo gretto riescono a perpetrare sul nostro essere umani.
Innanzitutto, non viene cancellato il gravissimo principio introdotto fin dalla loro prima stesura per il quale le ONG siano (in potenza) delle trafficanti di persone; se da un lato viene escluso il sequestro delle navi usate nelle operazioni di SAR e vengono diminuite le multe, dall’altro, non vengono cancellate le multe e anzi, nel caso in cui una nave ONG non avverta le istituzioni competenti prima di entrare in acque territoriali italiane, scatta il rilievo penale con carcerazione per gli “scafisti” fino a due anni. Scafisti, sì, per il M5S, le ONG sono ancora i “taxi del mare”. Il PD di governo, ahimé, conferma questa visione.
Ancora, la reintroduzione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, oggi, si trova in combinato disposto con il decreto Minniti e il recente rinnovo degli accordi bilaterali con la Libia. Questa particolare convivenza rende il dietro-front niente più che acqua fresca; poco importa che non si lascino per strada (o non si riportino al paese d’origine) i migranti se provenienti da zone di guerra o di carestia, in Italia, molti di loro non arriveranno proprio.
Sia a tutti chiaro questo: la capitolazione della sinistra italiana (e del PD nello specifico) al populismo, sul tema immigrazione, inizia ben prima del semi-scempio di questi “abbellimenti”: le misure sopraccitate adottate dal governo Gentiloni, da un certo punto di vista, sono persino peggiori dei decreti sicurezza, perché lasciano i morti e i torturati lì dove solo le inchieste di Amnesty International arrivano, lontani dalla coscienza collettiva e dai titoloni dei giornali.
Infine, non si affrontano ancora i veri nodi dell’immigrazione, ovvero, una degna vita una volta approdati sulle nostre coste e la vergogna dei decenni necessari per acquisire la cittadinanza italiana. Certo, per il primo si reintroduce lo SPRAR come sistema d’accoglienza, ma come notato dalla sempre puntuale @vitalbaa su Twitter, non sono tutte rose e fiori, anzi. Per il secondo, ius soli e ius culturae sono scomparsi dal vocabolario della politica italiana.
Cosa c’è quindi da giubilare? Nulla. L’immigrazione resta quel fenomeno utilizzato alternativamente da tutte le forze politiche per i loro beceri scopi elettorali, in barba all’umanità che invece richiederebbe. Si dirà: ok, non tutto bene, ma è un inizio. Forse, ma dalla parte sbagliata: queste tanto mediaticamente pompate modifiche non sono altro che abbellimenti di facciata delle altrui sofferenze.