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I Sepolcri dei Vivi e i Giardini degli Angeli

È esplosa come una bomba la notizia che in alcuni cimiteri italiani esistono aree per la sepoltura dei feti derivanti dalle interruzioni volontarie di gravidanza. La notizia in realtà non è nuova e sul web se ne trovano numerose tracce: Giardini degli angeli li chiamano quelli che li sostengono ma c’è chi ha denunciati da tempo che qualcosa non va.
La questione è emersa in tutta la sua gravità perché è risultato che sono stati tumulati feti senza il consenso dei genitori e con l’evidenza del nome della madre in bella vista sulla croce.
Non voglio soffermarmi sugli aspetti giuridici della vicenda, le numerose violazioni delle norme sulla privacy, del regolamento di polizia mortuaria e in materia di smaltimento dei rifiuti ospedalieri, sui quali, almeno c’è da augurarsi, indagheranno gli enti preposti.
Voglio soffermarmi sul valore etico dell’operazione di diffamazione ai danni delle donne coinvolte.
Fu Foscolo ad illuminarci sul fatto che i sepolcri esistono per i vivi, non per i morti.
I morti non sanno che farsene delle tombe. Certo, un sentimento di pietà ancestrale ci ha sempre obbligato a dare degna sepoltura ai defunti e, meritoriamente, ad esempio, il governo Renzi si impegnò a recuperare le salme dei migranti affogati in mare, ma neanche le correnti più ortodosse della religione sostengono tesi superstiziose sulla necessità della sepoltura per ottenere il viatico all’al di là, all’anima, alla resurrezione o alla reincarnazione.
A che servono dunque le tombe? Servono ai vivi per elaborare il lutto attenuare il dolore del distacco dai cari e darci la speranza che, alla nostra morte, qualcuno ci ricorderà e piangerà, rendendoci più leggera la paura della fine.
Ben vengano, dunque, le sepolture dei figli morti prematuramente se i genitori lo desiderano e se questo può aiutarli a fare i conti con la tragedia, ma cosa significano le sepolture dei feti delle interruzioni volontarie della gravidanza per madri e padri che tale sepoltura non l’hanno voluta e non chiedono altro che dimenticare, qualunque sia la ragione che li muove?
Rappresentano un monumento ad eterna vergogna delle madri infami che hanno rifiutato il dono di Dio, un monito e una minaccia. “Partorirai con dolore” e abortirai con ignominia, questo è il motto e lo scopo delle organizzazioni integraliste cattoliche che si sono fatte promotrici di questi infami cimiteri.
Invece di sostenere legittime battaglie pubbliche per l’abrogazione della legge sull’aborto, promuovere azioni per l’uso consapevole dei contraccettivi e aiuti alle famiglie bisognose, queste organizzazioni conducono una tetra e vigliacca battaglia di retroguardia fatta di vincoli mai esplicitati alla possibilità di abortire legittimamente, pelose obiezioni di coscienza e, scopriamo ora, attraverso la mortificazione a posteriori delle donne che si sono rese protagoniste di tale peccato.
Questi luoghi d’infamia vanno cancellati e va fatta piena chiarezza sulla loro genesi. Occorre andare fino in fondo e scoprire chi ha autorizzato questo scempio della dignità della donna.
Iniziamo dal Cimitero Flaminio di Prima Porta a Roma, e dal Comune di Roma nel cui ambito esso ricade.
Occorrono risposte, occorre ripristinare il buonsenso e la dignità.