Il prossimo 20 e 21 settembre si voterà il referendum confermativo della legge costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari dagli attuali 945 (630 deputati e 315 senatori) a 625 (400 deputati e 205 senatori) con un taglio del 35% circa.
Molto si è letto circa l’adeguatezza del numero dei parlamentari attuali rispetto agli altri Paesi europei e più in generale alle democrazie occidentali e sono reperibili diverse e contrastante analisi, come quelle dell’Osservatorio CPI di Carlo Cottarelli1 e dell’Istituto Cattaneo2.
I numeri variano molto a seconda che si considerino entrambe le camere o la sola c.d. bassa, il numero dei rappresentanti in assoluto o relativamente al numero degli abitanti o a quello degli aventi diritto al voto. Non viene colpevolmente analizzato, invece, il differente sistema istituzionale: alcuni Paesi hanno un governo centralista (Francia, Polonia) altri sono veri e propri Stati federali con parlamenti nazionali dotati di poteri legislativi (Germania, Spagna, Gran Bretagna, Stati Uniti) mentre l’Italia, possedendo un sistema basato su autonomie regionali, si pone in una via di mezzo.
Possiamo sinteticamente dire che oggi l’Italia ha una rappresentanza, a seconda dei punti di vista, molto o leggermente superiore alla media mentre e, a seguito della riforma, sarà leggermente o decisamente inferiore alla stessa.
La campagna referendaria è andata avanti piuttosto svogliatamente e non sono chiarissime le motivazioni dei promotori della legge di riduzione del numero dei parlamentari, che si possono però riassumere in due slogan: la riduzione dei costi della politica ed una maggior efficienza dei lavori parlamentari.
Quanto al primo obiettivo, l’argomento, oltre che trascurabile negli effetti (si parla di un caffè al giorno per cittadino) è decisamente da rifiutare; la democrazia ha dei costi e pur dovendosi evitare gli sprechi, occorre avere riguardo sempre al buon andamento delle istituzioni e non al risparmio in sè. Inoltre, non si può non notare come l’argomentazione sia assolutamente speciosa, basti ricordare che lo stesso partito promotore della legge, il Movimento 5 Stelle, propugnava il taglio degli stipendi e, all’epoca della riforma Renzi, era ferocemente contrario alla riduzione del numero dei parlamentari, come ci ricorda un accorato post su Facebook dell’allora astro politico Toninelli3.
Quanto al secondo obiettivo, quello di rendere più efficiente il Parlamento, non si coglie bene la motivazione per la quale ad un minor numero di parlamentari dovrebbe corrispondere uno snellimento delle procedure, nonostante le autorevoli argomentazioni espresse in tal senso di Tito Boeri e Roberto Perrotti4. È noto, infatti, che i tempi dei lavori d’aula sono cadenzati e contingentati sui gruppi, non sui singoli membri.
Vero è, invece, che la fluidità dei lavori d’aula dipende dal complesso delle regole che li disciplinano: ad esempio, l’Assemblea Nazionale del Popolo cinese con i suoi quasi 3.000 membri decide rapidamente e pressocché sempre all’unanimità o, di contro, i molteplici consigli comunali italiani pur contando una dozzina o al massimo poche decine di membri, sono spesso paralizzati da veti incrociati.
Di contro, è evidente che i lavori di commissione, di esame dei provvedimenti e gli ulteriori adempimenti dei parlamentari, tra cui le missioni, graveranno su di un minor numero di soggetti.
Tuttavia, a dir la verità, non vi è nemmeno ragione di credere che il taglio del numero dei membri del Parlamento italiano influirà negativamente sull’efficienza dei lavori. E’ nota, infatti, a chiunque si sia avvicinato al mondo della politica, la presenza di un gran numero di c.d. peones, presenti ai lavori solo al momento del voto, mentre l’attività d’aula e di commissione è condotta da un ristrettissimo numero di soggetti, solitamente poco noti al grande pubblico.
La verità è che i problemi che affliggono il Parlamento italiano non vengono dal numero dei suoi membri e una loro riduzione non li risolverà né aggraverà, poiché sono di tutt’altra natura, come lucidamente spiegato da Sabino Cassese5: attengono al rapporto tra governo e parlamento, tra segreterie di partito ed eletti, tra eletti e gruppi parlamentari, al bicameralismo paritario e, più in generale, al funzionamento della democrazia in questo Paese.
Si potevano ottenere i risultati decantati dai promotori diversamente? La risposta è certamente sì, anche senza scomodare la riforma Renzi che eliminava il bicameralismo perfetto: una modifica dei regolamenti parlamentari tesa a rendere più snello l’esame dei provvedimenti, ad attribuire i fondi ai gruppi come costituiti ad inizio legislatura e non in base al numero degli iscritti, al fine di disincentivare il trasformismo, una riduzione degli emolumenti ecc.
Al contrario, sono abbastanza evidenti i rischi che il taglio degli eletti comporterà, come spiegato nell’appello dei 135 costituzionalisti promosso dall’Huffington Post6. In particolare, sarà ridotta la rappresentanza dei cittadini, delle minoranze, dei territori.
Posto che la riduzione prevista dalla legge costituzionale sottoposta ad esame referendario non porterà alcun beneficio ed avrà alcuni incontestabili effetti negativi, resta da domandarsi perchè una tale legge è stata approvata e se vale la pena fare campagna contro la sua conferma.
Sotto il profilo giuridico istituzionale, la mia opinione è che procedere a riforme a colpi di accetta o, se si preferisce, di bisturi sia un grossolano errore. L’impianto costituzionale è un fragilissimo castello di carte che si regge su pesi e contrappesi; puoi cambiarlo e ne esistono di infiniti modelli, purchè l’intera costruzione resti in equilibrio. Dice saggiamente una mia amica7 che una riforma costituzionale non è come spostare un vaso a casa, ma un muro e una volta che l’hai spostato rimane lì a lungo, ragione per cui devi tenere conto del resto dell’arredamento (ed evitare che la casa ti crolli in testa, aggiungo io) e, come noto e ammesso dagli stessi promotori, questa riforma necessita almeno di una modifica della legge elettorale per non mortificare eccessivamente alcuni territori.
C’è però un secondo motivo, del tutto politico, per il quale decisamente voterò no.
L’unica ragione per la quale è stata promossa la riforma, è l’esigenza del Movimento 5 Stelle di offrire alla pancia del proprio elettorato la testa di un buon numero di parlamentari. La riduzione del numero degli eletti risponde alla domanda “cosa ci fanno mille avvocati in fondo al mare? Un buon inizio”: i parlamentari sono inutili e corrotti, il 35% in meno risolve il 35% dei problemi. Non rappresenta cioè un pezzo di una riforma complessiva delle istituzioni come non si è riusciti a completare con le precedenti commissioni bilaterali o iniziative governative, bensì un’ulteriore spallata alla credibilità ed indipendenza dell’assemblea legislativa italiana.
Già oggi votiamo con un sistema proporzionale con liste bloccate, dove i candidati eletti sono sostanzialmente decisi dalle segreterie di partito. La diminuzione degli eletti comporterà di fatto la falcidia delle minoranze ancora rappresentate, fungendo da soglia di sbarramento di fatto. Il prossimo passo sarà la definitiva equiparazione tra Camera e Senato, che eviterà il rischio di avere due maggioranze diverse, ragione per la quale il Senato stesso è invece nato. Infine, il vincolo di mandato, venduto come il legame di fiducia tra elettore ed eletto, e che sarà invece esclusivamente il vincolo del parlamentare alla segreteria del proprio partito ed al gruppo costituito in aula, pena la decadenza dalle funzioni.
L’obiettivo è un Parlamento ridotto a ratificare le leggi di iniziativa governativa o più semplicemente a cedere al governo la delega dell’intera attività attraverso i decreti legislativi.
Di fronte a questo evidente progetto politico eversivo teso a svilire le funzioni del Parlamento, anche io che in via astratta non sarei contrario alla riduzione del numero dei parlamentari, con decisione dico #IoVotoNo, per inviare un preciso messaggio politico.
Francesco De Benedetti
Fonti:
2 https://www.cattaneo.org/wp-content/uploads/2020/08/2020-08-31_Ref_CosaCambia.pdf
3 https://www.facebook.com/piueuropa/videos/sul-taglio-dei-parlamentari-toninelli-smentisce-se-stesso/588148385070459/
4 https://www.lavoce.info/archives/69105/perche-un-parlamento-piu-piccolo-funziona-meglio/
5 https://www.fondazioneluigieinaudi.it/sabino-cassese-lattivita-e-lefficacia-del-nostro-parlamento/
6 https://www.huffingtonpost.it/entry/referendum-183-costituzionalisti-dicono-no_it_5f436563c5b697824f9ab4fc